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Strage Licata: lite per eredità, uccide familiari e si suicida. Tra le vittime anche i nipoti di 11 e 15 anni

Foto AP-LaPresse - Tutti i diritti riservati

Potrebbe avere premeditato tutto Angelo Tardino, l’uomo di 48 anni che ha ucciso a Licata in provincia di Agrigento, a colpi di pistola, il fratello Diego, la cognata Alessandra e i due nipotini Vincenzo e Alessia, rispettivamente di 11 e 15 anni. L’uomo si è poi sparato a sua volta un colpo di pistola alla tempia. Trasportato in fin di vita d’urgenza in elisoccorso, all’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta, è deceduto poco dopo l’arrivo. “Una tragedia familiare legata probabilmente ad interessi economici e a dissidi per questioni di eredità”, ha detto il procuratore di Agrigento, Luigi Patronaggio.

Una tragedia finita nel peggiore dei modi, come in uno degli scenari descritti da Giovanni Verga nei suoi racconti, che ha avuto inizio quando Tardino si sarebbe recato già armato nell’abitazione del fratello, in via Rieti. In seguito ad una violenta lite l’uomo avrebbe sparato ai quattro familiari, uccidendoli. In un secondo momento, in preda al panico, avrebbe chiamato la moglie minacciando a sua volta il suicidio. La donna ha così avvisato tempestivamente i militari dell’arma. I Carabinieri però, una volta raggiunto l’uomo, lo hanno trovato riverso per terra in una pozza di sangue. Tardino, infatti, si sarebbe sparato un colpo di pistola alla tempia.

“Un silenzio assordante pervadeva la strada dove si trova la mia parrocchia. Siamo tutti sconvolti – ha spiegato il parroco della chiesa di Sabuci e Beata Maria Vergine di Monserrato di Licata, Pino Agozzino – ho pregato insieme ad un amichetto e compagno di scuola del bambino ucciso dallo zio, che è accorso nella mia parrocchia per chiedere conforto una volta appresa la notizia della morte del coetaneo”. Una vicina di terreno dei Tardino ha raccontato che “in città quasi tutti erano a conoscenza dei contenziosi per le diverse proprietà che i due detenevano”. I Tardino possedevano un’azienda agricola per la quale lavoravano, oltre ad essere proprietari di vari appartamenti e terreni ricevuti in eredità dal padre, morto diversi anni fa. Probabilmente questa non era la prima lite fra i due. “Si presume si sia trattato principalmente di una delle liti che i due fratelli avevano per la gestione dell’eredità lasciata dal padre, per le coltivazioni delle serre e per l’acqua da utilizzare – ha spiegato Vittorio Stingo, comandante dei Carabinieri di Agrigento – testimoni hanno confermato che le liti andavano avanti già da diversi mesi”. “La tragedia di Licata costituisce l’ennesima sconfitta di una cultura, sempre più disorientata e sempre meno capace di gestire le emozioni e le tensioni che turbano l’esistenza personale e interpersonale”, ha detto l’arcivescovo di Agrigento, Monsignor Alessandro Damiano. Intanto la procura ha disposto l’autopsia sui corpi delle quattro vittime.

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